Museo Correale di Terranova

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Il Museo Correale di Terranova è ospitato nell'omonima Villa, un edificio settecentesco circondato da uno splendido giardino d'agrumi, con terrazza a picco sul mare, appartenuta alla Famiglia Correale di Terranova. Nobile casata che nell'800 viveva fra Napoli e Sorrento, con ampi interessi culturali e mondani. Gli ultimi discendenti Alfredo e Pompeo, disposero che alla loro morte le collezioni d'arte di famiglia costituissero un unicum nella villa di Famiglia. Aperto al pubblico dal 1924, raccoglie in 24 sale distribuite su tre piani, oltre 10.000 pezzi in esposizione, con arredi, maioliche, orologi, figurine del tradizionale presepio napoletano e oggetti in legno della tradizionale lavorazione sorrentina della Tarsia lignea. A questo si deve aggiungere l'importante Biblioteca, in cui sono custoditi scritti originali del poeta Torquato Tasso. La cui zia Ippolita de Rossi, sorella della madre del poeta Porzia, sposa nel 1535 Onofrio Correale.

 

Il museo, definito dall'archeologo Amedeo Maiuri "il più bel Museo di provincia italiano",
presenta un itinerario unitario non solo di celebrazione di grandi artisti, ma anche di conoscenza della storia del passato, della moda e delle curiosità attraverso i secoli.
Tra queste un'importante collezione di porcellane di Capodimonte ed europee del XVIII secolo. Particolarmente significativa la collezione di quadri dei vedutisti del '700 e '800, con pitture fiamminghe, paesaggi di artisti stranieri della cosiddetta Scuola di Posillipo, con opere di Teodoro Duclère, Giacinto Gigante, Pitloo, Silvester Scedrin,
Collezione quest'ultima che servì anche a Salvatore Di Giacomo -frequentatore della Famiglia Correale- per spunti a un suo saggio critico sulla collezione sui pittori della "Scuola di Posillipo".
Il piano terra della struttura è impegnata da reperti archeologici provenienti da scavi effettuati a Sorrento e in Penisola Sorrentina: vasi e suppellettili dal IX al VI sec. a.C., marmi romani, sarcofagi e capitelli tardo romani.
Nell'ultimo periodo il Museo Correale si è arricchito di una importante collezione di ventagli datati dal XVIII secolo alla prima metà del XX, che abbraccia la produzione di varie nazionalità e delinea un ampio panorama degli stili e delle tecniche del ventaglio in un arco di quasi tre secoli.


Statuto del Museo

MUSEO CORREALE DI TERRANOVA, Via Correale, 50, Sorrento - tel. 081/8781846
info@museocorreale.it
http://www.museocorreale.it

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IL MUSEO CORREALE DI TERRANOVA
Itinerario didattico a cura di Laura Cuomo

PIANO TERRA
Il doveroso tributo alla memoria dei Fondatori del Museo con la prima sala loro dedicata, la sezione delle tarsìe sorrentine e l'interessante raccolta di reperti romani e medievali, costituiscono nelle sale del piano terra, un omaggio alla Città di Sorrento, alla sua storia, alle sue tradizioni, ai suoi illustri personaggi.

SALA 1
I ritratti ad olio di Pompeo e Alfredo Correale con la moglie, Angelica de' Medici Principessa di Ottajano sono opere rispettivamente realizzate da Augusto Antonio Moriani e da Luca Postiglione; a destra dell'entrata è esposto L'albero genealogico della famiglia Correale: lo schiavo turco ivi ritratto, al servizio del nobile casato, fu responsabile -secondo la leggenda- della terribile invasione saracena che devastò Sorrento nel 1558.
L'espositore a sinistra dell'entrata contiene due preziosi manoscritti autografi di Torquato Tasso ed antiche edizioni della Gerusalemme Liberata.
La sala è arredata con pregiati mobili come il piccolo stipo-forziere a bambocci, d'ispirazione genovese (secolo XVII) e la coppia di cassettoni napoletani con sportelli laterali (primo quarto del secolo XVIII), intarsiati a motivi floreali di gusto fiammingo.
Nella piccola cappella gentilizia, un imponente mobile a due corpi, impiallacciato in radica di noce (Napoli, secolo XVIII) assolveva alla funzione di altare sacro; lo stipo con intarsi in avorio di stile moresco è un lavoro di manifattura meridionale del secolo XVII. Di particolare rilievo artistico è il dipinto su tavola L'annunciazione, probabilmente di scuola fiamminga (secolo XV).

SALA 2
In questa sala è esposta la collezione di tarsìe sorrentine, donata al Museo Correale nel 1937 dal Cavaliere Silvio Salvatore Gargiulo.
A Sorrento, l'arte dell'intarsio risale alla metà del secolo XIX, e divenne famosa grazie all'abilità di artigiani quali Antonino Damora, Luigi Gargiulo e Michele Grandville. La tecnica esecutiva prevedeva l'assemblaggio di pezzetti di legno, sagomati e tagliati secondo i contorni del disegno voluto; inizialmente gli effetti chiaroscurali venivano ottenuti con l'accostamento di legni naturali come il legno di rosa, il noce, l'arancio, l'acero e il tuja, mentre la struttura del mobile era in ulivo o in castagno. Per definire e perfezionare il disegno, gli ebanisti eseguivano manualmente piccole incisioni che colmavano con stucco scuro. Questa tecnica iniziale fu successivamente sostituita dal metodo francese della "ricacciatura", ovvero l'uso dell'inchiostro di china per sottolineare il disegno.
Un'altra tecnica in uso era quella della tarsìa a "mosaico", ispirata all'opus tasselatum di tradizione romana. Le minuscole tessere lignee erano realizzate disponendo in verticale lunghi bastoncelli di legno eseguendo, di tutto il disegno, un solo particolare alla volta. Dopo il primo taglio trasversale si passava, a quello orizzontale eseguito con la pialla, da cui si ottenevano delle grosse strisce o trucioli, da applicare sul mobile.
La tecnica dell'intarsio a mosaico fu utilizzata dal maestro Giuseppe Gargiulo per realizzare, nel 1910, il prezioso secretaire da lavoro (in angolo alla sala), con funzioni di scrittoio con leggio, toletta, scatola da cucito e scacchiera.
Veri e propri effetti pittorici vennero raggiunti dagli intarsiatori sorrentini nell'esecuzione di scene ispirate alla mitologia classica, o nella rappresentazione di scene di vita quotidiana o di figure in costumi popolari, la cui vivacità è ben rappresentata nella raccolta di scatole e piccoli scrigni, esposti in vetrina.
La rara collezione di apparecchi fotografici (un aletoscopio, un megaletoscopio e due cineprese da studio della fine dell'Ottocento) realizzati dal famoso fotografo veneziano Carlo Ponti, tra i primi in Italia a cimentarsi nella riproduzione di immagini reali, è stata donata nel 1999 al Museo dal collezionista Ghester Sartorius.
I dipinti ad olio di Antonio Solari, Antonio Cappuro e Antonio Fiorentino (secolo XX) sono tratti da stampe del XVIII secolo, e ritraggono suggestivi scorci della Sorrento ottocentesca.
I reperti ospitati nelle sale successive, alcuni dei quali di proprietà del Comune di Sorrento, testimoniano le origini pre - romane, romane e quindi medievali del centro antico di Sorrento e delle zone circostanti (da Vico Equense a Piano di Sorrento). Gran parte dei frammenti di iscrizioni, sculture, sarcofagi e capitelli oggi esposti in queste sale erano collocati, prima della costituzione del Museo Correale, nell'Episcopio e nel Sedil Dominova di Sorrento.
Sezione archeologica

SALA 3
Tra i reperti di maggiore interesse si segnala la cosiddetta base di Augusto, realizzata probabilmente per celebrare il culto dell'Imperatore (44 a.C. - 14 d.C.). Questo monumento frammentario reca, sui lati superstiti, rilievi che rappresentano momenti essenziali del programma politico-religioso di Augusto. Sul lato principale la dea Vesta è accompagnata da un corteo di quattro sacerdotesse che procedono verso di lei seduta in trono; al centro, nello spazio mancante (ricostruito) doveva esserci Augusto sacrificante; la scena si svolge nel portico della casa di Augusto sul Palatino, davanti al tempietto rotondo dedicato alla dea.
Di grande interesse è la statua frammentaria del faraone Seti I (XIII sec a. C.), ritratto inginocchiato come offerente, giunta a Sorrento nel periodo augusteo, come preda di guerra.
Nella vetrina sono esposti reperti dalle necropoli antiche della penisola sorrentina. Dal periodo eneolitico (III millennio a.C.: brocca di impasto ed pugnale in rame) al periodo arcaico e classico (VI - V sec. a.C.: bucchero, ceramica attica a figure nere e figure rosse), e dal periodo ellenistico (IV - II sec. a.C.: ceramica italiota a figure rosse e ceramica campana a vernice nera) al periodo romano. Proseguendo, le due sculture greche originali (figure femminili panneggiate) raffigurano la dea Selene su cavalla e Artemide su cerva: quest'ultima presenta sulla base un'iscrizione in dialetto dorico.

SALA 4
Epigrafi romane provenienti da edifici pubbici e dalle necropoli suburbane di Sorrento. I grandi capitelli corinzi e ionici provengono da monumenti della città e da ville romane sulla costa. Si segnala una base marmorea dedicata a Fausta, moglie dell'imperatore Costantino e l'epigrafe che ricorda il restauro dell'orologium pubblico, danneggiato da scosse sismiche e ricostruito per volere dell'Imperatore Tito dopo l'eruzione del 79 d.C.. I sarcofagi romani, databili tra il II e il VI sec. d.C., sono stati quasi tutti riutilizzati o come sepolture cristiane o come fontane.

SALA 5
Sezione medievale.
Plutei ed amboni del IX - XII secolo d.C.. Questi rilievi marmorei provengono quasi tutti dall'antica cattedrale sorrentina. I motivi figurativi sono tipici dell'arte persiana: quello del cavallo alato e del grifone coniuga in un unico essere vivente la duplice simbologia del cielo e della terra, e diviene il tramite fra realtà naturale e realtà trascendentale.
Formelle, plutei e pilastrini costituivano l'arredo scultoreo di diversi monumenti (pergamo, ambone, recinto presbiteriale) dell'edificio religioso medievale ormai scomparso. I capitelli presenti in questa sala, oltre che dalla cattedrale, provengono da chiostri e bifore medievali.

SCALONE
Lo scalone, con balaustre di piperno intagliato, fu progettato dal Regio ingegnere Giovan Battista Nauclerio al quale furono affidati, da Giovan Battista Correale nel 1721, i lavori di ampliamento e abbellimento della preesistente casa palaziata. Le lastre tombali, gli stemmi gentilizi, le iscrizioni e i busti marmorei sono databili dal XVI al XIX secolo.

PRIMO PIANO
Attraverso queste sale si snoda un esauriente panorama della pittura e delle arti decorative napoletane dal XVI al XVIII secolo, attraverso il breve periodo vicereale austriaco fino alla costituzione del regno indipendente di Napoli e Sicilia, nel 1735.

SALA 6
In questa sala sono esposti dipinti del XVI secolo, opere di pittori legati alle concezioni religiose controriformiste dell'epoca. Di particolare rilievo le quattro tele con Teste di Apostoli, di Giovanni Lanfranco e La Maddalena, attribuita ad Artemisia Gentileschi (potrebbe trattarsi di un autoritratto della pittrice in tarda età).
Il monetiere impiallacciato in tartaruga, di ricercata produzione napoletana tipica del XVII secolo, presenta un'insolita tonalità rossa, ottenuta sovrapponendo le parti più trasparenti del carapace dell'animale marino ad un fondo dipinto. La coppia di cassettoni del XVII secolo, è in legno ebanizzato con intarsi in avorio. Il tavolo da centro è caratterizzato da un piano realizzato in commesso di marmo e pietre dure.

SALA 7
I dipinti La benedizione di Isacco e La cena in Emmaus sono di Alfonso Rodriguez.
La coppia di consolle dorate con specchiere, sono tipiche della produzione napoletana del XVIII secolo. Lo stipo da viaggio (su supporto con gambe tortili) in legno ebanizzato con intarsi in avorio è un lavoro di artefice napoletano del XVII secolo: particolarissima l'incisione delle formelle applicate sui cassetti, con raffigurazioni ispirate alle favole di Esopo. Al centro della sala il tavolo in noce scolpito, di produzione fiorentina, presenta un prezioso piano in scagliola dipinta.
Le porcellane esposte (rari ed indispensabili oggetti "status symbol" della borghesia settecentesca) sono cinesi, del XVIII secolo.

SALA 8
Sono esposte opere seicentesche di pittori napoletani, influenzati dalla nuova visione realistico- luminista di Michelangelo Merisi da Caravaggio: aderiscono alla lezione caravaggesca Battistello Caracciolo, qui presente con il bozzetto Sant'Ignazio in gloria e le opere dei Padri Gesuiti e Andrea Vaccaro con l'imponente Deposizione.
Domenico Gargiulo (Micco Spadaro), fedele "cronista" napoletano di salienti episodi storici e quotidiani dell'epoca, è l'autore delle due tele La fiera e il Porto di sera.
Gli arredi sono anch'essi databili al XVII secolo. La coppia di monetieri impiallacciati in tartaruga, realizzati per contenere oggetti da collezione, denota la passione di quell'epoca per questo genere di raccolta: ciò spiega la particolare struttura del mobile, ricco di piccoli sportelli e cassetti.

SALA 9
I dipinti di paesaggi con rovine di Ascanio Luciani e di Gennaro Greco caratterizzano parte della produzione pittorica settecentesca con vedute di "capricci architettonici" e ruderi di edifici classici.
Notevoli i due bozzetti preparatori per la decorazione di soffitti, realizzati da Nicola Maria Rossi e da Giacomo Del Po e destinati ad una committenza colta ed aristocratica.
La coppia di cassettoni dalla linea mossa ed intarsiati con grandi rosoni, sono di artefice napoletano attivo intorno alla metà del XVIII secolo. Le porcellane cinesi risalgono alla stessa epoca dei cassettoni.

SALA 10
Il piccolo rame dipinto ad olio, Madonna con Bambino, è opera di Francesco de Mura, personalità di spicco nel panorama artistico del settecento napoletano. Interessanti le tre versioni del Riposo nella Fuga in Egitto, offerte da Lorenzo De Caro, Giacinto Diano e Filippo Falciatore.
Il cassettone impiallacciato in palissandro, con fregi ed intarsi in bronzo dorato e prezioso piano in diaspro rosso e giallo, è di fattura settecentesca napoletana: la raffinatezza esecutiva lascia pensare ad una committenza aristocratica, dal gusto colto e ricercato. Altrettanto raro il trumeau veneziano in radica di noce con piccola cimasa e vetri incisi. Completano l'elegante salone le collezioni di porcellane cinesi del XVIII secolo.

SALA 11
La sala ospita la galleria di ritratti degli antenati della Famiglia Correale, imparentata con il nobile casato dei Colonna di Stigliano.
Le consolle laccate in bianco con ornamenti scolpiti e dorati, le specchiere e le sovrapporte con dipinti di nature morte e scene classiche sono arredi napoletani in voga nell'ultimo quarto del XVIII secolo, e rappresentano ciò che resta delle boiseries provenienti da due diverse abitazioni di proprietà Correale.

SALA 12
Detta Sala del Biribisso, dal nome del prezioso, quanto insolito dipinto del giuoco "del pari o del dispari" esposto sul cavalletto.
Il gioco del Biribisso, che poteva consentire enormi vincite, già dal 1500 avvinceva un vasto pubblico, di ogni città italiana e ceto sociale: la sua natura fortemente d'azzardo e la passione sfrenata con la quale veniva giocato, fece sì che dal 1735, venisse bandito da ogni casa e piazza. (A poco valsero però le leggi proibitive perché ovunque si continuò, segretamente, a giocarlo!)
La tavola da gioco, nella raffinata esecuzione offertaci da Francesco Celebrano è divisa in settanta caselle numerate, incorniciate da ramages dorati, raffiguranti miniature di nature morte, animali, maschere della commedia dell'arte e stemmi nobiliari.
La coppia di caminiere, presentano specchi laterali e, nella parte centrale, dipinti realizzati intorno al 1727 da Nicola Maria Rossi, pittore prediletto dal Viceré austriaco, Raimondo d'Harrach. Le due angoliere in legno verde laccato con raffigurazioni di figure orientali, sono napoletane, della metà del XVIII secolo, come il salottino con schienali dal caratteristico motivo "a lira".

SALA 13
La sala ospita dipinti di pittori fiamminghi e arredi di prevalente fattura inglese.
Di particolare rilievo, anche per un valore storico documentario è il dipinto su tavola Interno della cattedrale di Anversa, firmato da Abel Grimmer nel 1584. Ad Anton Van Dyck è attribuito il dipinto Studio di teste, mentre il Parco con figure di Jan Van Kassel, presenta connotazioni tipicamente fiamminghe ben rese dai minuziosi particolari botanici e naturalistici: Vertumno, divinità dei giardini è raffigurato nelle sembianze di anziana donna, una delle tante trasformazioni del dio nel tentativo di sedurre la ninfa Pomona.
Il mobile a due corpi e le sedie con decorazioni dipinte a chinoiseries, sono inglesi, databili al 1710. Insolito il tavolo da centro con piano in tartaruga, ricoperto da "grillage" in bronzo dorato.

SECONDO PIANO
Le sale del secondo piano ospitano le preziose raccolte di dipinti di nature morte di scuola napoletana e di paesaggi della Scuola di Posillipo, oltre alle collezioni di arti decorative, dal XVII al XIX secolo.
Appena all'ingresso un elegante mobile da farmacia del XVIII secolo è stato utilizzato per esporre una collezione di maioliche francesi del Settecento.

SALA 14
Di grande effetto i dipinti Natura morta con fiori e pappagalli di Giovan Battista Ruoppolo e Francesco Solimena qui impegnati in insolita collaborazione, e la Scena di caccia con cani di David De Konich. Ancora del Ruoppolo la deliziosa tela L'uva cornicella, frutto - all'epoca- assi diffuso nei giardini sorrentini.
La coppia di tavoli da muro tardo barocchi, con gambe scolpite a motivi antropomorfi presentano eleganti piani decorati a motivi floreali, realizzati in scagliola, commesso di marmo e pietre dure; della stessa epoca le due consolle romane, riccamente scolpite e dorate.

SALA 15
Nature morte di Aniello Ascione: le quattro tele "pendant" con fauni, fiori e frutta, rappresentano il ciclo delle quattro stagioni.
Al centro della sala, sulla raffinata scrivania napoletana del secolo XVIII poggia uno stipo da viaggio, con pannelli in lacca cinese.

SALA 16
La sala ospita dipinti di Andrea Belvedere, raffinato "fiorante" napoletano, poliedrico interprete di opere talvolta scenografiche, talvolta essenziali, come testimoniato dalle opere qui esposte.
Di raffinata fattura la coppia di tavoli da centro (in questo caso divenuti da muro) con erme a mezzobusto scolpite e tuttotondo e piani in tartaruga, lavoro di ebanista napoletano, intorno al 1715. Consolle napoletane del XVIII secolo.

SALA 17
Nature morte di scuola napoletana e romana, del XVII secolo: si segnalano i due dipinti di Ghirlande di fiori e figure sacre, realizzati con la complessa tecnica del sottovetro.
La coppia di trumeau in legno scuro con filettature in tartaruga è di artefice napoletano del XVIII secolo.
Nella vetrina trova spazio una pregevole raccolta di vetri di Murano del XVIII secolo e di cristalli di Boemia del XIX secolo. Di produzione veneziana sono i fragili calici decorati ad alette, il doppio bicchiere liturgico, il secchiello in vetro ritortile, le coppe e le alzatine, tutto realizzato con la sofisticata tecnica del vetro soffiato.
La "soffiatura" consiste nel soffiare la pasta vitrea fusa mediante una canna da soffio provvista di un foro al suo interno: dopo aver dato alla pasta una forma pressocchè cilindrica, l'artigiano inizia a soffiare attraverso la canna, facendo assumere al materiale la forma desiderata. Compiuto il processo di modellazione l'oggetto in vetro è posto nei forni di cottura, ove è fatto ricuocere a temperature più basse e raffreddato gradualmente affinché non si producano incrinature.
Diversa composizione chimica caratterizza il vetro di produzione boema che, ricco di calcio, per durezza e resistenza si prestava ad essere scolpito e lavorato "alla mola"come documentato dalle bottiglie, dalle coppe e dai bicchieri, decorati con fregi in oro zecchino, esposti nella parte inferiore della vetrina.

SALA 18
Questa sala ospita una raccolta di dipinti che ben documentano l'evoluzione del "vedutismo" tra il XVII e il XIX secolo: dall'impostazione ancora classica ed accademica, tipica dei Paesaggi di Simon Denis e Gaspar Dughet, si passa alla nuova concezione di veduta "dal vero" di Frans Vervolet, chiaramente documentata dal dipinto Torre del Greco.
La vetrina espone un elegante servito di stoviglie da tavola, della manifattura Del Vecchio: le innumerevoli vedute del Regno di Napoli del XVIII secolo ivi rappresentate e l'insolita colorazione che lascia in vista il giallo dell'argilla, fanno di questa collezione un raro documento storico artistico.

SALA 19
Dedicata ai pittori ottocentisti della Scuola di Posillipo.
L'intellettuale "moda" europea del Grand Tour spinse, tra il XVII e il XIX secolo, molti viaggiatori stranieri a visitare l'Italia: tra questi il pittore olandese Anton Smink Pitloo, affascinato dalla bellezza dei luoghi e catturato dal calore della luce mediterranea, diede inizio ad una nuova corrente pittorica detta Scuola di Posillipo. Discepoli e successori del Pitloo furono Teodoro Duclère, Filippo Palizzi, Raffaele Carelli e Michele Cammarano.
I dipinti esposti in questa sala sono opere dei pittori sopra citati: la rappresentazione della natura narrata in maniera sempre più analitica e reale, la bellezza dei luoghi ritratti (perlopiù vedute della Campania e della Sicilia) la particolare vivacità dei colori fanno di queste opere dei veri capolavori.
La coppia di cassettoni con ornamenti di intarsi in ebano e madreperla è napoletana del XVIII secolo; di artefice napoletano pure l'elegante coppia di cassettoni semicircolari, con intarsio a "damier" in legni diversi.

SALA 20
La sala è interamente dedicata all'opera di Giacinto Gigante. La grande vocazione di acquerellista e la personalissima maniera di dipingere con rapidi tocchi di colore fanno del Gigante il più autorevole interprete napoletano della Scuola di Posillipo.
La coppia di cassettoni, di ebanista napoletano del XVIII secolo, presentano - al centro dei due cassetti- un ovale con intarsi a strumenti musicali; le maniglie racchiudono eleganti miniature in smalto.
La portantina in cuoio borchiato, usata da Angelica de' Medici ancora agli inizi del 1900, offre un interessante testimonianza di costume, così come le uniformi di cameriere segreto del Papa e di Ambasciatore.

SALA 21
Ospita un'interessante raccolta di pendole ed orologi italiani ed europei, tra il XVIII e il XIX secolo, le cui fogge sono rese preziose dall'uso di tartaruga, madreperla, porcellana, lacca e bronzi finemente cesellati. Molti di questi orologi ancora perfettamente funzionanti, sono dotati di carillon con melodiose suonerie.
Le vetrine espongono rare ed insolite collezioni donate al Museo dalla Contessa Carignani di Novoli e dall'archeologa Paola Zancani Montuoro.
Lungo la scala e nella saletta 22 un'esauriente esposizione di maioliche di Castelli documenta l'attività delle più famose dinastie di maiolicari abruzzesi, i Grue e i Gentile.
La piccola collezione di figure da presepe del XVIII secolo testimonia la passione napoletana per la rappresentazione della nascita di Gesù Cristo: i "pastori" che animavano il presepe erano solitamente costituiti da un manichino di fil di ferro e stoppa, con arti e teste in terracotta o in legno scolpito. La collezione Correale annovera pastori realizzati dai più famosi artisti attivi a Napoli nel '700, quali Matteo Bottiglieri, Francesco Celebrano, Lorenzo Mosca e Giuseppe Sammartino.

TERZO PIANO
L'ultimo piano del Museo ospita una straordinaria raccolta di porcellane europee del XVIII secolo e di maioliche italiane della stessa epoca.
La vicenda per l'avvio della produzione di porcellana in Europa può forse vantare, nel percorso delle arti decorative, la più affascinante delle storie: occorsero infatti secoli di ricerche e le ricchezze di grandi sovrani e principi europei per riuscire ad ottenere in Occidente, una produzione di porcellana simile per qualità e consistenza a quella proveniente - a costi elevatissimi- dalla Cina e dal Giappone.
Il sogno di possedere una manifattura di porcellane, considerato per un sovrano europeo "necessario completamento di gloria e magnificenza", si realizzò, finalmente, nel 1710 a Meissen (in Germania) grazie alle dispendiose ricerche promosse e finanziate da Federico Augusto di Sassonia. Ma una fuga di notizie rese nota la formula per la produzione della porcellana e l'arcano dei processi di fabbricazione, strenuamente difeso dal sovrano tedesco, si diffuse velocemente in Europa. Nacquero così altre manifatture di porcellana, sempre patrocinate e finanziate da re e sovrani, come nel caso della manifattura di Vienna, di Nimphenburg (Monaco) e di Sèvres, quest'ultima di proprietà di Luigi XV.
Nel 1738 Carlo di Borbone sposò la nipote di Federico Augusto di Sassonia, Maria Amalia, e spinto dal desiderio di emulare il suocero iniziò nel laboratorio posto nei giardini del Palazzo di Capodimonte i primi esperimenti per la creazione della pasta. La produzione napoletana in breve divenne celeberrima, destinata ad essere intramontabile e celebrata ovunque.
La parabola della porcellana iniziò il suo declino con la nascita della prima "fabbrica" di porcellana, in Inghilterra, alla fine del 1700: la porcellana, fino ad allora considerata oro bianco, perse la sua connotazione d fascino e rarità per divenire oggetto di uso comune.
Le manifatture settecentesche di porcellane europee sono qui ampiamente presentate: la produzione tedesca di Meissen è documentata da ricercati oggetti e da insolite statuine ispirate, nella prima fase di produzione, ad una matrice di gusto orientale. Di respiro internazionale le manifatture di Vienna, Sèvres, Nymphenburg, Frankenthal, Berlino, Bow: servizi da the, tabacchiere, portaprofumi, manici da bastone e rinfrescatoi testimoniano la passione collezionistica esplosa con l'introduzione della porcellana, che si contrapponeva all'uso della maiolica.
Notevole la raccolta di produzione italiana che annovera le manifatture veneziane di Vezzi, le fiorentine di Doccia e le celeberrime manifatture borboniche di Capodimonte e della Real Fabbrica Ferdinandea: di particolare interesse i caratteri ispirati alle maschere della Commedia dell'arte e le figurine di venditori napoletani rappresentati, grazie anche alla particolare duttilità della pasta tenera, con eccezionale vivacità e freschezza.
Raffinatissimi i servizi e le stoviglie decorate con nature morte, vedute napoletane e scene pompeiane, desunte dal gusto neoclassico in voga in epoca ferdinandea.

GIARDINO
La visita al Museo Correale prosegue con la passeggiata al Parco della Villa: il percorso si articola, nella parte adiacente alla facciata posteriore, in una serie di aiuole, ove la presenza di innumerevoli reperti archeologici conferisce al luogo un immediato interesse storico. L'albero più imponente è un'Araucaria pluricentenaria; antichissimo è pure il boschetto di Camelie, caratterizzato dalla presenza di tre diverse varietà di fiori.
Originaria della Cina è la Paulownia Tormentosa, pianta dai gradevolissimi fiori violacei e dagli insoliti frutti a capsula, raccolti in vistosi grappoli. Al centro del giardino, circondata da piante di Agapanti, l'esotica Chorisia Speciosa dal tronco spinoso incuriosisce per la presenza - in inverno- di frutti oblunghi, contenenti una bianca lanugine.
L'ombroso viale di platani conduce alla terrazza Belvedere da cui si gode un'irripetibile vista del Vesuvio e del Golfo di Napoli.


Glossario
Acquerello, pittura a: Tecnica pittorica trasparente (in quanto lascia intravedere il fondo) in cui i colori sono stemperati in acqua.

Aletoscopio: Apparecchio per la visione ingrandita e con effetto strereoscopico di fotografie.

Ambone: Luogo rialzato e recintato, sito nel presbiterio delle chiese paleocristiane e destinato al vescovo per la predicazione.

Bambocci: Decorazione di mobili con figurine umane intere o a mezzobusto, scolpite a tuttotondo.

Boiserie: Rivestimento di pareti con pannelli in legno variamente lavorati e decorati.

Caminiera: Specchio o elemento d'arredo con specchiere inserite, collocato sulla parete al di sopra del caminetto.

Caolino: Dal nome della collina cinese Kaolin. Particolare tipo di gesso tenero componente fondamentale nell'impasto della porcellana dura.

Capitello: Membratura architettonica che funge da collegamento tra un elemento portane (colonna) e la struttura sovrastante (architrave).

Cineserie: Imitazione e reinterpretazione dei modelli ornamentali e figurativi cinesi, operata in occidente.

Cimasa: Parte aggettante con funzione di coronamento terminale di una cornice, con motivo decorativo a conchiglia, a voluta, a fiore ecc.

Commesso: Tecnica di lavorazione delle pietre dure e del marmo per realizzare piani per mobili raffiguranti motivi floreali, vegetali, geometrici.

Console: Termine francese, la cui traduzione letterale è mensola. Il termine italianizzato "consolle" indica un tavolo da muro usato solo come elemento decorativo. Sul piano solitamente in marmo erano posti oggetti ornamentali.

Diaspro: Varietà opaca e variegata di quarzo, impiegato per creare gioielli, preziosi suppellettili o come pietra ornamentale insieme a marmi pregiati.

Erma: Piastrino di sezione quadrangolare, sormontato da una testa scolpita a tuttotondo.

Doratura: Procedimento consistente nel ricoprire una superficie lignea di una foglia d'oro.

Ebanizzato: Legno tinto ad imitazione dell'ebano.

Impiallacciatura: Operazioni che tendono a ricoprire una superficie di legno mediocre con un rivestimento di legno pregiato.

Lacca: Con questo termine si indica la sostanza colorante nota con il nome di "lacca rossa" usata in Cina a strati sovrapposti per decorare oggetti artistici.

Megaletoscopio: versione migliorata dell'aletoscopio (vedi).

Miniatura: Dipinto di ridotte proporzioni, solitamente realizzato con estrema finezza.

Monetiere: Cassetta portatile o mobile dotato di cassetti, creato per conservare monete antiche e quindi oggetti da collezione.

Olio, pittura a: Pittura eseguita con colori stemperati in olio. Si usano soprattutto oli vegetali, cui vengono aggiunte vari tipi di vernici e colori.

Pluteo: Elemento decorativo a forma di parallelepipedo, in legno, ferro, ma più sovente in pietra lavorata a bassorilievo, innestato ai recinti interni degli edifici sacri.

Porcellana: Nome attribuito ad un prezioso tipo di ceramica che ha il pregio della bianchezza, lucentezza, compattezza, resistenza ed impermeabilità.

Ramage: Decorazione ad imitazione di un ramoscello d'albero e di fogliame.

Scagliola: Gesso ricavato dalla selenite polverizzata: impastato a sostanze leganti e coloranti viene steso su un fondo di ardesia, dipinto e, dopo l'indurimento, lucidato sino ad ottenere una superficie vetrosa. La scagliola imita perfettamente il marmo e le pietre dure e pertanto fu molto usata dal XVI secolo per imitare piani di marmo.

Sottovetro: Tecnica pittorica che consiste nel dipingere su vetro, in maniera speculare, in quanto il dipinto viene esposto con il vetro in esterno.

Strigliatura: Decorazione ornamentale a scanalature ondulate e ripetute in serie. La strigliatura deriva il nome dallo strigile, lo strumento metallico usato in antichità per detergere il corpo dopo le attività agonistiche.

Tarsìa: Tecnica di incastro di legni o altri materiali (marmo, pietra, avorio, osso) su una superficie di legno.

Terracotta: Argilla modellata, dipinta e quindi essiccata al sole, o più comunemente, cotta in appositi forni.

Trumeau: Mobile a due corpi formato da un cassone e da un'alzata con anta a specchi, riuniti da un piano a ribalta.

Documenti allegati

Ultimo aggiornamento

30/09/2022, 14:23